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Questo romanzo è un piccolo capolavoro fuori dagli schemi abituali della narrativa. Intanto perché ha una sua storia nella storia. L'autore, noto giornalista e storico dei comunismi, l'aveva scritto nel 1998. Un apologo morale, portato a termine tra un saggio storico e l'altro, rimasto a lungo "imprigionato" nella memoria di un hard disk da dove è riemerso solo dopo la morte del suo autore, avvenuta nei primi giorni del 2011, grazie all'amore della sua donna e all'aiuto di un giovane tecnico. È un originale racconto, non privo d'ironia, che parla dei protagonisti della battaglia culturale dei comunisti italiani, delle loro illusioni, delle loro speranze mal riposte, della loro fiducia nella cultura e nell'uomo, e della loro "Waterloo". Eppure - è la conclusione del romanzo - non tutto questo retaggio va cancellato. Il passato non può essere messo da parte se si vuole costruire un futuro perché, come insegna la talpa della storia, è scavando "nel passato e nel presente, anche nei giorni e nei luoghi delle sconfitte e dei crolli" che si possono porre le premesse per la storia a venire. Prefazione di Bruno Gravagnuolo.